Venerdì 4 marzo 2011
7:10 A.M.
Micio, basta miagolare...
Giuro, ora mi alzo.
Colazione, vestiti, zaino.
L’aria fredda sulla faccia mi ricorda che sto prendendo la bici sul balcone.
Traffico. Traffico. Traffico. E geni che si dispongono affiancati su strade larghe sì e no 3 metri.
La mattina, attraverso le lenti degli occhiali, è un miscuglio di colori tendente al rosso, il rosso delle auto e dei semafori. E’ ancora troppo presto, il fischietto dei vigili in piazza Napoli risuona nella testa come un lontano ronzio, una cosa estranea. Meglio aspettare il momento giusto per proseguire dritto e lasciare la fila di veicoli alla propria sinistra.
Il cielo è grigio sopra Milano. Una fila di brulicanti esseri umani che viaggia all’unisono sotto la volta opaca della Galleria…il mondo appare sotto una luce distopica, quasi orwelliana, dove si impersona la parte degli automi. Già immagino tutti gli abitanti di Milano sfilare sotto la Stazione Centrale, il Duomo, il Pirellone, tutti gli edifici imponenti, immagino metropolitane che vomitano persone ad ogni secondo, auto che si spostano.
Si esce dalla galleria schiacciati dall’aria torbida, che preme per portare sulle formiche umane nuvole cariche di una lieve pioggia invernale. Il freddo è pungente, e la bicicletta cigola come se avesse freddo. Ah, come vorrei che quel freddo fosse imputabile a ben altro, e non all’inverno di Milano.
Il pensiero vola, supera via Torino, supera Milano, supera le Alpi, supera l’Italia per arrivare là, dove il GPS segna 71°10′21″ N , quel Capo Nord che tanto bramo.
Ah, già, il semaforo è rosso, tanto per cambiare. Sono a Milano, non in Norvegia, non passano le renne per strada, la gente è maleducata, l’aria che si respira non è esattamente definibile come salubre e il rumore che si sente non proviene certamente dal mare che si infrange sui fiordi. O, per meglio dire, proviene da un mare di auto. Mi viene da pensare che sono in una città dove non c’è mai spazio per le biciclette, ma ce n’è tantissimo per le auto.
Bah, schifo di società consumistica. Ma ora basta, è ora di legare la bici al lampione e di salire in ufficio.
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