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Risveglio a Milano - parte seconda

Lunedì 7 marzo 2011

7:10 A.M.
Micio, basta miagolare... mi sembra di avertelo già detto.

Giuro a me stesso, ancora una volta, “ora mi alzo”.
Ovviamente mi rimetto giù per poi risvegliarmi appena in tempo per non arrivare in ritardo.
Meno male che c’è la bici.

Colazione, vestiti, zaino.
L’aria fredda sulla faccia non è così polare come preannunciato dai telegiornali catastrofisti, si sta quasi bene.
Traffico. Traffico. Traffico. Per alcuni tratti è quasi piacevole non indossare il berretto. L’aria fredda del Nord Europa sveglia dal torpore, ma mi costringe al doppio della fatica quando si tratta di pedalare.

Anche questa volta il cielo tende al grigio sopra la città. È di un colore stupendo.
Peccato che debba ringraziare in gran parte lo smog delle auto.

La mattina, dopo tanto tempo, non mi è apparsa come un miscuglio di colori tendente al rosso, il rosso delle auto e dei semafori, mi è sembrata una mattina strana.
Una mattina in cui si riesce a varcare, con lo sguardo, lo spazio ed il tempo. Oggi, che sono in ritardo, paradossalmente faccio più caso agli edifici che mi circondano sulla strada.
Che meraviglia passare per il centro di Milano.

Ecco, appaiono in piazza Cavour uomini con abiti ottocenteschi, in lunghe vesti nere con cappelli a cilindro, passano carrozze a cavalli tra le pozze formatesi nel pavé, si intravede anche qualche velocipede.
Ed ecco il Catasto. Che atmosfera surreale, opprimente.
Là, nell’angolo, si balza in avanti nel tempo di cinquanta anni. Si vedono uomini in camicia nera che gridano DVCE DVCE DVCE sotto la pesante cupola di vetrocemento.
E là fuori, fuori da quel tunnel spazio-temporale, il Pirellone mi guarda stupito. Sembra dire “ora sono io a dominare la città, smettila di ignorarmi”.
Ma io non ti ignoro, Pirellone. Solo che ero in un’epoca dove tu non c’eri ancora.

Bah, mattinata senza senso.
Il lampione mi aspetta pazientemente, e accetta di essere circondato dalla catena della mia bici. Mi viene da pensare a quante cose possa vedere un lampione, da quell’altezza.

Credo sia ora di prendere un caffè.

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