Martedì 15 marzo 2011
7:10 A.M.
Da quando abbiamo ridato al Micio i vecchi croccantini, lui se ne sta tranquillo nell’angolino, come a dire “ora sono in pace con il mondo, grazie!” e ci lascia dormire.
Guardo fuori dalla finestra. Piove. Osservo per interminabili minuti le gocce che cadono nelle pozzanghere già formatesi sotto casa mia, formando tantissimi cerchi concentrici fulminei.
Colazione, vestiti, zaino.
Stamattina mi sento veramente gasato al massimo. Più piove e più mi sento carico.
Penso che Milano sia la città più bella del mondo, specialmente quando piove. L’acqua che cade dal cielo fa risaltare l’imponenza degli edifici neoclassici e, per qualche momento, zittisce gli tormentati spostamenti cittadini.
Stamattina si pedala che è una meraviglia, non mi accorgo nemmeno del pavé. Il Duomo si erge dalla piazza, riesce sempre ad attirare l’attenzione.
Meravigliosa costruzione…
Entro in Galleria e vedo negli angoli dell’ottagono centrale delle gigantografie delle prime pagine del Corriere della Sera riportanti le date chiave dell’Italia: Milano libera dai nazifascisti, È nata la Repubblica Italiana, e così via. Starei per ore ad ammirare quelle pagine, mi rendono orgoglioso della mia italianità.
All’uscita mi fermo un attimo sotto la pioggia. Avrei voglia di immobilizzarmi in mezzo alla piazza, davanti alla Scala, stare lì in eterno, dare voce a tutti i pensieri che mi affollano la testa, sdraiarmi per terra e bagnarmi fino ad ammalarmi, mi sento invincibile.
Purtroppo già comincio a puzzare di cane bagnato, il giubbotto pesa il doppio di quando l’ho indossato, e devo muovermi.
È tutto bellissimo.
Una mattinata triste per una tristissima notte appena trascorsa in mezzo a mille incubi di morte e di amici che se ne vanno per sempre. Mi dispiace, ma io non mi sono mai sentito così vivo come in questo momento. Alzo lo sguardo al cielo e mi viene da sorridere. Col magone, ma sorrido.
Mi fai ridere e piangere allo stesso momento, maledizione a te.
Quanto ti amo, pioggia.
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