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PiRLA di saggezza quotidiana #2
Un automobilista che si lamenta del traffico è come Mussolini che si lamenta della presenza dei fascisti.
PiRLA di saggezza quotidiana #1
Alcuni credono che l'uomo sia intrinsecamente buono.
Altri credono che l'uomo sia intrinsecamente cattivo.
Io credo che l'uomo sia intrinsecamente scemo. Scemo forte.
Altri credono che l'uomo sia intrinsecamente cattivo.
Io credo che l'uomo sia intrinsecamente scemo. Scemo forte.
Basta, mollo tutto e parto
Martedì 18 ottobre 2011
Basta, mollo tutto e parto.
Chi non ha mai pensato o detto queste parole? Indubbiamente dirle rende figo, ti permette di apparire un po' filosofo, ma difficilmente una persona le pronuncia perchè ha deciso davvero di fare tabula rasa nella sua vita.
Ecco, personalmente sono arrivato nella fase di confine tra il voler apparire filosofo e il cercare i mezzi materiali per fare qualcosa che possa resettare la mia esistenza. E non vedo l'ora di poter fare quel passo in più. Io desidero ardentemente di dirlo:
Basta, mollo tutto e parto.
Non senti quanto suona bene? Non è una frase meravigliosa? Come puoi non pronunciarla in ogni momento della giornata?
Là fuori, là bisogna andare. Fuori dalla porta di casa c'è un mondo di merda che conosci benissimo (anzi, meglio di me), ma tu devi guardare quell'altro mondo. Quel mondo fatto di piccole cose, quel mondo dove una giornata può apparirti più piacevole unicamente per due cavolate che ti riportano il sorriso.
Quel mondo che ti pare fantastico quando il sole tramonta sul Naviglio Grande. Quel mondo che, semplicemente, ti può sorprendere ogni giorno. Non è questo mondo, quello che conosci, quello della routine, quello della monotonia tra casa e ufficio. Tu puoi viaggiare.
Sant'Agostino diceva che "il mondo è un libro, e chi non viaggia ne legge solo la prima pagina."
Niente ora mi appare più vero di quella frase. Che sia andare a Capo Nord in bicicletta, girare l'angolo in largo Brasilia e vederlo deserto, o ammirare piazza del Duomo sotto un diluvio universale, ogni mezzo è lecito per scrollarsi addosso ogni preoccupazione, avere una valvola di sfogo per questa vita di affanni. Per raggiungere quel mondo.
In poche parole, per ESSERE LIBERI.
Basta, mollo tutto e parto.
Ma prima o poi ritorno.
...E ti prendono in giro, se continui a cercare!
Ma non darti per vinto, perchè
chi ci ha già rinunciato
e ti ride alle spalle
forse è ancora più pazzo di te...
Basta, mollo tutto e parto.
Chi non ha mai pensato o detto queste parole? Indubbiamente dirle rende figo, ti permette di apparire un po' filosofo, ma difficilmente una persona le pronuncia perchè ha deciso davvero di fare tabula rasa nella sua vita.
Ecco, personalmente sono arrivato nella fase di confine tra il voler apparire filosofo e il cercare i mezzi materiali per fare qualcosa che possa resettare la mia esistenza. E non vedo l'ora di poter fare quel passo in più. Io desidero ardentemente di dirlo:
Basta, mollo tutto e parto.
Non senti quanto suona bene? Non è una frase meravigliosa? Come puoi non pronunciarla in ogni momento della giornata?
Là fuori, là bisogna andare. Fuori dalla porta di casa c'è un mondo di merda che conosci benissimo (anzi, meglio di me), ma tu devi guardare quell'altro mondo. Quel mondo fatto di piccole cose, quel mondo dove una giornata può apparirti più piacevole unicamente per due cavolate che ti riportano il sorriso.
Quel mondo che ti pare fantastico quando il sole tramonta sul Naviglio Grande. Quel mondo che, semplicemente, ti può sorprendere ogni giorno. Non è questo mondo, quello che conosci, quello della routine, quello della monotonia tra casa e ufficio. Tu puoi viaggiare.
Sant'Agostino diceva che "il mondo è un libro, e chi non viaggia ne legge solo la prima pagina."
Niente ora mi appare più vero di quella frase. Che sia andare a Capo Nord in bicicletta, girare l'angolo in largo Brasilia e vederlo deserto, o ammirare piazza del Duomo sotto un diluvio universale, ogni mezzo è lecito per scrollarsi addosso ogni preoccupazione, avere una valvola di sfogo per questa vita di affanni. Per raggiungere quel mondo.
In poche parole, per ESSERE LIBERI.
Basta, mollo tutto e parto.
Ma prima o poi ritorno.
...E ti prendono in giro, se continui a cercare!
Ma non darti per vinto, perchè
chi ci ha già rinunciato
e ti ride alle spalle
forse è ancora più pazzo di te...
Risveglio a Milano - parte sesta
Giovedì 23 giugno 2011
7:55 A.M.
Da un pò di tempo mi sveglio più tardi. Forse perchè vado a letto all'una di notte...quindi continuo a non dormire per niente.
Zanzare e caldo, che rottura.
Il Micio dorme beato sotto il mobile. Ma non ha caldo?
Oggi il meteo segnala addirittura temporali, il cielo non è nuvoloso ma nemmeno così sereno. Guardo fuori dalla finestra sperando in un pò di nubi, di ombra, di vento, di cicloni, di cataclismi insomma.
Prepariamo i vestiti per la pioggia, và.
Colazione, vestiti, borse per la bicicletta.
Stasera festa di fine anno all'oratorio. Ma non potrò andarci direttamente dopo il lavoro, sto male solo a pensare quanto sarò sudato a quell'ora.
Effettivamente è successo. A volte non ho voglia di andare in bici con il caldo, per nulla. Non si potrebbe avere un inverno perenne? Non posso continuare a consumare minimo due magliette al giorno!
Vabbè vabbè, ormai lo sapete, sono in ritardo.
Oggi è una giornata da noia a palate.
Sembra una vita fa, quando pedalavo velocemente per arrivare in ufficio e scaldarmi. Solo alzarsi e viaggiare verso il centro era un piacere.
E ora? Penso solo a chi mi fa fare tutto questo. Odio questo clima.
Sarebbe una favola avere un turno di lavoro compreso tra le dieci di sera e le 9 del mattino, di questi tempi.
Guardare fuori e vedere una città di luce...
Ormai la fontanella all’uscita della Galleria è la mia quotidiana salvezza, tappa obbligata di ogni mattina.
Mi fermo. Quanti turisti! E poi dicono che Milano è brutta...certo, sarebbe bello vedere anche qualche italiano godersi tutta questa arte, questa bellezza, questa città sospesa tra il vecchio e il nuovo.
Quanti pensieri.
Però il cielo è di quei colori che tanto amo, quella atmosfera un pò cupa da ambiente selvaggio. Improvvisamente mi sento in un deserto, sono solo, le macchine passano solo due metri più in là ma sono lontanissime. La piazza è contemporaneamente piena e deserta.
Forse questa estraneazione dalla realtà è un qualcosa che si avvicina al karma. Naaa, lasciamo stare. Poi "karma" ha la erre, che palle.
Fantastico, sono impazzito. E' l'estate.
Salgo in ufficio con la convinzione che sia meglio prendersi una polmonite sotto un diluvio universale che affrontare anche solo un mese di caldo. E poi alla tele dicono "finalmente è arrivata la bella stagione". Uao. Ma andate tutti a quel paese.
Bah, prenderò un caffè.
7:55 A.M.
Da un pò di tempo mi sveglio più tardi. Forse perchè vado a letto all'una di notte...quindi continuo a non dormire per niente.
Zanzare e caldo, che rottura.
Il Micio dorme beato sotto il mobile. Ma non ha caldo?
Oggi il meteo segnala addirittura temporali, il cielo non è nuvoloso ma nemmeno così sereno. Guardo fuori dalla finestra sperando in un pò di nubi, di ombra, di vento, di cicloni, di cataclismi insomma.
Prepariamo i vestiti per la pioggia, và.
Colazione, vestiti, borse per la bicicletta.
Stasera festa di fine anno all'oratorio. Ma non potrò andarci direttamente dopo il lavoro, sto male solo a pensare quanto sarò sudato a quell'ora.
Effettivamente è successo. A volte non ho voglia di andare in bici con il caldo, per nulla. Non si potrebbe avere un inverno perenne? Non posso continuare a consumare minimo due magliette al giorno!
Vabbè vabbè, ormai lo sapete, sono in ritardo.
Oggi è una giornata da noia a palate.
Sembra una vita fa, quando pedalavo velocemente per arrivare in ufficio e scaldarmi. Solo alzarsi e viaggiare verso il centro era un piacere.
E ora? Penso solo a chi mi fa fare tutto questo. Odio questo clima.
Sarebbe una favola avere un turno di lavoro compreso tra le dieci di sera e le 9 del mattino, di questi tempi.
Guardare fuori e vedere una città di luce...
Ormai la fontanella all’uscita della Galleria è la mia quotidiana salvezza, tappa obbligata di ogni mattina.
Mi fermo. Quanti turisti! E poi dicono che Milano è brutta...certo, sarebbe bello vedere anche qualche italiano godersi tutta questa arte, questa bellezza, questa città sospesa tra il vecchio e il nuovo.
Quanti pensieri.
Però il cielo è di quei colori che tanto amo, quella atmosfera un pò cupa da ambiente selvaggio. Improvvisamente mi sento in un deserto, sono solo, le macchine passano solo due metri più in là ma sono lontanissime. La piazza è contemporaneamente piena e deserta.
Forse questa estraneazione dalla realtà è un qualcosa che si avvicina al karma. Naaa, lasciamo stare. Poi "karma" ha la erre, che palle.
Fantastico, sono impazzito. E' l'estate.
Salgo in ufficio con la convinzione che sia meglio prendersi una polmonite sotto un diluvio universale che affrontare anche solo un mese di caldo. E poi alla tele dicono "finalmente è arrivata la bella stagione". Uao. Ma andate tutti a quel paese.
Bah, prenderò un caffè.
Risveglio a Milano - parte quinta
Mercoledì 16 marzo 2011
7:10 A.M.
Che nottata…compaiono già le prime zanzare.
Il Micio dorme beato sul divano. Almeno lui ha dormito bene.
Guardo fuori dalla finestra cercando con lo sguardo la pioggia prevista, ma ci sono solo alcuni nubi. Vabbè, indosso comunque i pantaloni antivento.
Colazione, vestiti, zaino.
Stasera mi toccherà andare da mia nonna a mangiare, compie gli anni. Mi sembra preferibile uscire nudo fuori casa e prendermi un malanno.
Attacco il fanalino e parto.
Anche stamattina si pedala che è una meraviglia.
Entro in Galleria e alzo gli occhi alla cupola, decorata da lucine che richiamano il tricolore italiano. Che splendore, vorrei aspettare fino a sera fermo lì per vedere meglio quelle luci.
All’uscita mi fermo. Poi faccio un sospiro e vado sotto l’acqua. Mi sento stupido, sto bevendo dalla fontanella in pose assurde per colpa dello zaino, ma se semplicemente alzassi la testa e aprissi la bocca sarebbe lo stesso, berrei comunque.
Quanti pensieri.
Guardo la Scala, e le mando un bacio. Sembra che sia fatta apposta per essere bagnata dalla pioggia, sembra che assuma i colori del cielo carico di nubi. Non l’avessi mai pensato, il cielo la mette alla prova e riversa improvvisamente su me e lei tonnellate d’acqua.
Ora sì, che piove.
Fantastico.
Forse sarà l’ultimo acquazzone della stagione…
Corro, corro, corro.
Quanto ti amo, pioggia.
7:10 A.M.
Che nottata…compaiono già le prime zanzare.
Il Micio dorme beato sul divano. Almeno lui ha dormito bene.
Guardo fuori dalla finestra cercando con lo sguardo la pioggia prevista, ma ci sono solo alcuni nubi. Vabbè, indosso comunque i pantaloni antivento.
Colazione, vestiti, zaino.
Stasera mi toccherà andare da mia nonna a mangiare, compie gli anni. Mi sembra preferibile uscire nudo fuori casa e prendermi un malanno.
Attacco il fanalino e parto.
Anche stamattina si pedala che è una meraviglia.
Entro in Galleria e alzo gli occhi alla cupola, decorata da lucine che richiamano il tricolore italiano. Che splendore, vorrei aspettare fino a sera fermo lì per vedere meglio quelle luci.
All’uscita mi fermo. Poi faccio un sospiro e vado sotto l’acqua. Mi sento stupido, sto bevendo dalla fontanella in pose assurde per colpa dello zaino, ma se semplicemente alzassi la testa e aprissi la bocca sarebbe lo stesso, berrei comunque.
Quanti pensieri.
Guardo la Scala, e le mando un bacio. Sembra che sia fatta apposta per essere bagnata dalla pioggia, sembra che assuma i colori del cielo carico di nubi. Non l’avessi mai pensato, il cielo la mette alla prova e riversa improvvisamente su me e lei tonnellate d’acqua.
Ora sì, che piove.
Fantastico.
Forse sarà l’ultimo acquazzone della stagione…
Corro, corro, corro.
Quanto ti amo, pioggia.
Risveglio a Milano - parte quarta
Martedì 15 marzo 2011
7:10 A.M.
Da quando abbiamo ridato al Micio i vecchi croccantini, lui se ne sta tranquillo nell’angolino, come a dire “ora sono in pace con il mondo, grazie!” e ci lascia dormire.
Guardo fuori dalla finestra. Piove. Osservo per interminabili minuti le gocce che cadono nelle pozzanghere già formatesi sotto casa mia, formando tantissimi cerchi concentrici fulminei.
Colazione, vestiti, zaino.
Stamattina mi sento veramente gasato al massimo. Più piove e più mi sento carico.
Penso che Milano sia la città più bella del mondo, specialmente quando piove. L’acqua che cade dal cielo fa risaltare l’imponenza degli edifici neoclassici e, per qualche momento, zittisce gli tormentati spostamenti cittadini.
Stamattina si pedala che è una meraviglia, non mi accorgo nemmeno del pavé. Il Duomo si erge dalla piazza, riesce sempre ad attirare l’attenzione.
Meravigliosa costruzione…
Entro in Galleria e vedo negli angoli dell’ottagono centrale delle gigantografie delle prime pagine del Corriere della Sera riportanti le date chiave dell’Italia: Milano libera dai nazifascisti, È nata la Repubblica Italiana, e così via. Starei per ore ad ammirare quelle pagine, mi rendono orgoglioso della mia italianità.
All’uscita mi fermo un attimo sotto la pioggia. Avrei voglia di immobilizzarmi in mezzo alla piazza, davanti alla Scala, stare lì in eterno, dare voce a tutti i pensieri che mi affollano la testa, sdraiarmi per terra e bagnarmi fino ad ammalarmi, mi sento invincibile.
Purtroppo già comincio a puzzare di cane bagnato, il giubbotto pesa il doppio di quando l’ho indossato, e devo muovermi.
È tutto bellissimo.
Una mattinata triste per una tristissima notte appena trascorsa in mezzo a mille incubi di morte e di amici che se ne vanno per sempre. Mi dispiace, ma io non mi sono mai sentito così vivo come in questo momento. Alzo lo sguardo al cielo e mi viene da sorridere. Col magone, ma sorrido.
Mi fai ridere e piangere allo stesso momento, maledizione a te.
Quanto ti amo, pioggia.
7:10 A.M.
Da quando abbiamo ridato al Micio i vecchi croccantini, lui se ne sta tranquillo nell’angolino, come a dire “ora sono in pace con il mondo, grazie!” e ci lascia dormire.
Guardo fuori dalla finestra. Piove. Osservo per interminabili minuti le gocce che cadono nelle pozzanghere già formatesi sotto casa mia, formando tantissimi cerchi concentrici fulminei.
Colazione, vestiti, zaino.
Stamattina mi sento veramente gasato al massimo. Più piove e più mi sento carico.
Penso che Milano sia la città più bella del mondo, specialmente quando piove. L’acqua che cade dal cielo fa risaltare l’imponenza degli edifici neoclassici e, per qualche momento, zittisce gli tormentati spostamenti cittadini.
Stamattina si pedala che è una meraviglia, non mi accorgo nemmeno del pavé. Il Duomo si erge dalla piazza, riesce sempre ad attirare l’attenzione.
Meravigliosa costruzione…
Entro in Galleria e vedo negli angoli dell’ottagono centrale delle gigantografie delle prime pagine del Corriere della Sera riportanti le date chiave dell’Italia: Milano libera dai nazifascisti, È nata la Repubblica Italiana, e così via. Starei per ore ad ammirare quelle pagine, mi rendono orgoglioso della mia italianità.
All’uscita mi fermo un attimo sotto la pioggia. Avrei voglia di immobilizzarmi in mezzo alla piazza, davanti alla Scala, stare lì in eterno, dare voce a tutti i pensieri che mi affollano la testa, sdraiarmi per terra e bagnarmi fino ad ammalarmi, mi sento invincibile.
Purtroppo già comincio a puzzare di cane bagnato, il giubbotto pesa il doppio di quando l’ho indossato, e devo muovermi.
È tutto bellissimo.
Una mattinata triste per una tristissima notte appena trascorsa in mezzo a mille incubi di morte e di amici che se ne vanno per sempre. Mi dispiace, ma io non mi sono mai sentito così vivo come in questo momento. Alzo lo sguardo al cielo e mi viene da sorridere. Col magone, ma sorrido.
Mi fai ridere e piangere allo stesso momento, maledizione a te.
Quanto ti amo, pioggia.
Risveglio a Milano - parte terza
Giovedì 10 marzo 2011
7:10 A.M.
Bravo Micio, stavolta mi hai lasciato dormire libero dai tuoi miagolii!
Incredibilmente mi alzo prima del solito. Una bella doccia è quello che ci vuole.
Ovviamente perdo una vita in bagno, in modo da essere in ritardo comunque.
Meno male che c’è la bici.
Colazione, vestiti, zaino.
Ma per caso stanotte ho oltrepassato, senza saperlo, il circolo polare artico? Da dove viene tutta questa luce? Mi sveglio con l’impressione che il sole non sia mai tramontato.
Traffico. Traffico. Traffico. Però è più scorrevole del solito.
Ma…sto indossando il berretto? Non serve, e allora, con un gesto di ribellione, quasi lo strappo dalla mia testa.
Ah, ora sì, che sono libero. Ed è come se mi innalzassi al di sopra di tutto e di tutti, come se volassi sopra il traffico, sopra il Duomo, sopra Milano.
Quand’ecco la Galleria. Le formiche umane continuano imperterrite il loro cammino verso la luce alla fine del tunnel. All’uscita mi fermo un attimo a soffiarmi il naso, come un pellegrino giunto alla fine del suo cammino che si commuove.
Il sole splende sopra la città. È un sole che mi piace, è sopportabile, non abbaglia e non riscalda troppo.
Un ciclista mi passa accanto con una mascherina che ricorda le maschere anti-gas indossate dai soldati della Grande Guerra. Il panorama intorno a me comincia a cambiare, le case diventano cumuli di macerie e piovono bombe. Ma la Centrale, con la sua imponenza, mi rassicura: Milano non sarà conquistata dagli austriaci che ho visto in Galleria. O forse erano poliziotti milanesi?
Mattinata splendida.
Lego la mia bici. Mi viene da pensare a come sarà stasera.
Sopraggiunge il capo con lo scooter. È ora di salire in ufficio.
7:10 A.M.
Bravo Micio, stavolta mi hai lasciato dormire libero dai tuoi miagolii!
Incredibilmente mi alzo prima del solito. Una bella doccia è quello che ci vuole.
Ovviamente perdo una vita in bagno, in modo da essere in ritardo comunque.
Meno male che c’è la bici.
Colazione, vestiti, zaino.
Ma per caso stanotte ho oltrepassato, senza saperlo, il circolo polare artico? Da dove viene tutta questa luce? Mi sveglio con l’impressione che il sole non sia mai tramontato.
Traffico. Traffico. Traffico. Però è più scorrevole del solito.
Ma…sto indossando il berretto? Non serve, e allora, con un gesto di ribellione, quasi lo strappo dalla mia testa.
Ah, ora sì, che sono libero. Ed è come se mi innalzassi al di sopra di tutto e di tutti, come se volassi sopra il traffico, sopra il Duomo, sopra Milano.
Quand’ecco la Galleria. Le formiche umane continuano imperterrite il loro cammino verso la luce alla fine del tunnel. All’uscita mi fermo un attimo a soffiarmi il naso, come un pellegrino giunto alla fine del suo cammino che si commuove.
Il sole splende sopra la città. È un sole che mi piace, è sopportabile, non abbaglia e non riscalda troppo.
Un ciclista mi passa accanto con una mascherina che ricorda le maschere anti-gas indossate dai soldati della Grande Guerra. Il panorama intorno a me comincia a cambiare, le case diventano cumuli di macerie e piovono bombe. Ma la Centrale, con la sua imponenza, mi rassicura: Milano non sarà conquistata dagli austriaci che ho visto in Galleria. O forse erano poliziotti milanesi?
Mattinata splendida.
Lego la mia bici. Mi viene da pensare a come sarà stasera.
Sopraggiunge il capo con lo scooter. È ora di salire in ufficio.
Risveglio a Milano - parte seconda
Lunedì 7 marzo 2011
7:10 A.M.
Micio, basta miagolare... mi sembra di avertelo già detto.
Giuro a me stesso, ancora una volta, “ora mi alzo”.
Ovviamente mi rimetto giù per poi risvegliarmi appena in tempo per non arrivare in ritardo.
Meno male che c’è la bici.
Colazione, vestiti, zaino.
L’aria fredda sulla faccia non è così polare come preannunciato dai telegiornali catastrofisti, si sta quasi bene.
Traffico. Traffico. Traffico. Per alcuni tratti è quasi piacevole non indossare il berretto. L’aria fredda del Nord Europa sveglia dal torpore, ma mi costringe al doppio della fatica quando si tratta di pedalare.
Anche questa volta il cielo tende al grigio sopra la città. È di un colore stupendo.
Peccato che debba ringraziare in gran parte lo smog delle auto.
La mattina, dopo tanto tempo, non mi è apparsa come un miscuglio di colori tendente al rosso, il rosso delle auto e dei semafori, mi è sembrata una mattina strana.
Una mattina in cui si riesce a varcare, con lo sguardo, lo spazio ed il tempo. Oggi, che sono in ritardo, paradossalmente faccio più caso agli edifici che mi circondano sulla strada.
Che meraviglia passare per il centro di Milano.
Ecco, appaiono in piazza Cavour uomini con abiti ottocenteschi, in lunghe vesti nere con cappelli a cilindro, passano carrozze a cavalli tra le pozze formatesi nel pavé, si intravede anche qualche velocipede.
Ed ecco il Catasto. Che atmosfera surreale, opprimente.
Là, nell’angolo, si balza in avanti nel tempo di cinquanta anni. Si vedono uomini in camicia nera che gridano DVCE DVCE DVCE sotto la pesante cupola di vetrocemento.
E là fuori, fuori da quel tunnel spazio-temporale, il Pirellone mi guarda stupito. Sembra dire “ora sono io a dominare la città, smettila di ignorarmi”.
Ma io non ti ignoro, Pirellone. Solo che ero in un’epoca dove tu non c’eri ancora.
Bah, mattinata senza senso.
Il lampione mi aspetta pazientemente, e accetta di essere circondato dalla catena della mia bici. Mi viene da pensare a quante cose possa vedere un lampione, da quell’altezza.
Credo sia ora di prendere un caffè.
7:10 A.M.
Micio, basta miagolare... mi sembra di avertelo già detto.
Giuro a me stesso, ancora una volta, “ora mi alzo”.
Ovviamente mi rimetto giù per poi risvegliarmi appena in tempo per non arrivare in ritardo.
Meno male che c’è la bici.
Colazione, vestiti, zaino.
L’aria fredda sulla faccia non è così polare come preannunciato dai telegiornali catastrofisti, si sta quasi bene.
Traffico. Traffico. Traffico. Per alcuni tratti è quasi piacevole non indossare il berretto. L’aria fredda del Nord Europa sveglia dal torpore, ma mi costringe al doppio della fatica quando si tratta di pedalare.
Anche questa volta il cielo tende al grigio sopra la città. È di un colore stupendo.
Peccato che debba ringraziare in gran parte lo smog delle auto.
La mattina, dopo tanto tempo, non mi è apparsa come un miscuglio di colori tendente al rosso, il rosso delle auto e dei semafori, mi è sembrata una mattina strana.
Una mattina in cui si riesce a varcare, con lo sguardo, lo spazio ed il tempo. Oggi, che sono in ritardo, paradossalmente faccio più caso agli edifici che mi circondano sulla strada.
Che meraviglia passare per il centro di Milano.
Ecco, appaiono in piazza Cavour uomini con abiti ottocenteschi, in lunghe vesti nere con cappelli a cilindro, passano carrozze a cavalli tra le pozze formatesi nel pavé, si intravede anche qualche velocipede.
Ed ecco il Catasto. Che atmosfera surreale, opprimente.
Là, nell’angolo, si balza in avanti nel tempo di cinquanta anni. Si vedono uomini in camicia nera che gridano DVCE DVCE DVCE sotto la pesante cupola di vetrocemento.
E là fuori, fuori da quel tunnel spazio-temporale, il Pirellone mi guarda stupito. Sembra dire “ora sono io a dominare la città, smettila di ignorarmi”.
Ma io non ti ignoro, Pirellone. Solo che ero in un’epoca dove tu non c’eri ancora.
Bah, mattinata senza senso.
Il lampione mi aspetta pazientemente, e accetta di essere circondato dalla catena della mia bici. Mi viene da pensare a quante cose possa vedere un lampione, da quell’altezza.
Credo sia ora di prendere un caffè.
Risveglio a Milano
Venerdì 4 marzo 2011
7:10 A.M.
Micio, basta miagolare...
Giuro, ora mi alzo.
Colazione, vestiti, zaino.
L’aria fredda sulla faccia mi ricorda che sto prendendo la bici sul balcone.
Traffico. Traffico. Traffico. E geni che si dispongono affiancati su strade larghe sì e no 3 metri.
La mattina, attraverso le lenti degli occhiali, è un miscuglio di colori tendente al rosso, il rosso delle auto e dei semafori. E’ ancora troppo presto, il fischietto dei vigili in piazza Napoli risuona nella testa come un lontano ronzio, una cosa estranea. Meglio aspettare il momento giusto per proseguire dritto e lasciare la fila di veicoli alla propria sinistra.
Il cielo è grigio sopra Milano. Una fila di brulicanti esseri umani che viaggia all’unisono sotto la volta opaca della Galleria…il mondo appare sotto una luce distopica, quasi orwelliana, dove si impersona la parte degli automi. Già immagino tutti gli abitanti di Milano sfilare sotto la Stazione Centrale, il Duomo, il Pirellone, tutti gli edifici imponenti, immagino metropolitane che vomitano persone ad ogni secondo, auto che si spostano.
Si esce dalla galleria schiacciati dall’aria torbida, che preme per portare sulle formiche umane nuvole cariche di una lieve pioggia invernale. Il freddo è pungente, e la bicicletta cigola come se avesse freddo. Ah, come vorrei che quel freddo fosse imputabile a ben altro, e non all’inverno di Milano.
Il pensiero vola, supera via Torino, supera Milano, supera le Alpi, supera l’Italia per arrivare là, dove il GPS segna 71°10′21″ N , quel Capo Nord che tanto bramo.
Ah, già, il semaforo è rosso, tanto per cambiare. Sono a Milano, non in Norvegia, non passano le renne per strada, la gente è maleducata, l’aria che si respira non è esattamente definibile come salubre e il rumore che si sente non proviene certamente dal mare che si infrange sui fiordi. O, per meglio dire, proviene da un mare di auto. Mi viene da pensare che sono in una città dove non c’è mai spazio per le biciclette, ma ce n’è tantissimo per le auto.
Bah, schifo di società consumistica. Ma ora basta, è ora di legare la bici al lampione e di salire in ufficio.
7:10 A.M.
Micio, basta miagolare...
Giuro, ora mi alzo.
Colazione, vestiti, zaino.
L’aria fredda sulla faccia mi ricorda che sto prendendo la bici sul balcone.
Traffico. Traffico. Traffico. E geni che si dispongono affiancati su strade larghe sì e no 3 metri.
La mattina, attraverso le lenti degli occhiali, è un miscuglio di colori tendente al rosso, il rosso delle auto e dei semafori. E’ ancora troppo presto, il fischietto dei vigili in piazza Napoli risuona nella testa come un lontano ronzio, una cosa estranea. Meglio aspettare il momento giusto per proseguire dritto e lasciare la fila di veicoli alla propria sinistra.
Il cielo è grigio sopra Milano. Una fila di brulicanti esseri umani che viaggia all’unisono sotto la volta opaca della Galleria…il mondo appare sotto una luce distopica, quasi orwelliana, dove si impersona la parte degli automi. Già immagino tutti gli abitanti di Milano sfilare sotto la Stazione Centrale, il Duomo, il Pirellone, tutti gli edifici imponenti, immagino metropolitane che vomitano persone ad ogni secondo, auto che si spostano.
Si esce dalla galleria schiacciati dall’aria torbida, che preme per portare sulle formiche umane nuvole cariche di una lieve pioggia invernale. Il freddo è pungente, e la bicicletta cigola come se avesse freddo. Ah, come vorrei che quel freddo fosse imputabile a ben altro, e non all’inverno di Milano.
Il pensiero vola, supera via Torino, supera Milano, supera le Alpi, supera l’Italia per arrivare là, dove il GPS segna 71°10′21″ N , quel Capo Nord che tanto bramo.
Ah, già, il semaforo è rosso, tanto per cambiare. Sono a Milano, non in Norvegia, non passano le renne per strada, la gente è maleducata, l’aria che si respira non è esattamente definibile come salubre e il rumore che si sente non proviene certamente dal mare che si infrange sui fiordi. O, per meglio dire, proviene da un mare di auto. Mi viene da pensare che sono in una città dove non c’è mai spazio per le biciclette, ma ce n’è tantissimo per le auto.
Bah, schifo di società consumistica. Ma ora basta, è ora di legare la bici al lampione e di salire in ufficio.
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