La famigerata Critical Mass dei marmocchi
Un famoso giornale online, di cui non sveleremo il nome (diciamo solo che inizia con “i” e finisce con “lcorriere.it”), tradizionalmente avverso a tutto ciò che esprime l’alternativa possibile al traffico motorizzato (chissà come mai, forse perché il maggiore azionista del suddetto giornale è una casa automobilistica che inizia per “F” e finisce per “IAT"), per una volta nella vita ha la decenza di pubblicare un articolo che parla (piuttosto) bene della “Critical Mass dei marmocchi”.
Cosa è la “Critical Mass dei marmocchi”?
Prima bisogna spiegare brevemente cosa è la Critical Mass.
La Critical Mass è, per dirla in modo semplice, un gruppo di persone in bici che decide di incontrarsi in un posto e da lì girovagare per la città come se fosse un piccolo ciclo-corteo compatto. Lo scopo dell’iniziativa sarebbe quello di “riprendersi” la città, troppo spesso “vittima” delle automobili e del traffico. A differenza di cortei e manifestazioni, non si va in giro a gridare slogan. Banalmente si pedala, qualche volta si scampanella o si canta. Il problema, se vogliamo chiamarlo problema, è che questo gruppo compatto deve assolutamente rimanere tale perché, nel caso si frammentasse, nessuno – da fuori - ne coglierebbe il senso, la sua carica. Così, il gruppo “ignora” i semafori rossi, in nome della compattezza: nessuno si deve staccare dagli altri. Agli incroci, alcuni volenterosi ciclisti si mettono di traverso e spiegano sempre (sempre, ci tengo a dirlo) agli automobilisti – che avrebbero diritto di passare, in quanto hanno il verde del semaforo a favore – che si tratta di un paio di minuti, che è semplicemente un corteo di biciclette e che non ci si può fermare per i motivi di cui sopra. Il tutto col sorriso sulle labbra, ci tengo a precisare, anche perché l’intenzione non è quella di rompere i cabbasisi all’automobilista o di provocarlo.
Anche perché alle 23:00 si spera che non ci sia molta gente a cui rompere.
E già dopo questa breve descrizione potete benissimo immaginare come una cosa del genere possa essere accolta in un paese che non sia l’Italia, e poi come possa essere accolta in un paese come l’Italia.
Fatto?
Bene. Anzi, male. Ma non voglio parlare di questo, nel suddetto post.
Sta di fatto che la cosa, dopo più di 10 anni (sì, a Milano esiste dal 2002 e c’è gente che non lo sa ancora), comincia ad avere una certa risonanza e se ne parla anche tra le alte sfere, tanto che l’intera Critical Mass viene candidata all’Ambrogino d’Oro. Ognuno ha il suo pensiero al riguardo (sento già la gente che grida “ma è un premio borghese!”, “è una cagata pazzesca!”), ma il concetto è che il movimento comincia ad avere una certa visibilità.
Sull’onda di questo “successo”, un gruppo di mamme decide di scrivere alla Critical sul suo gruppo facebook.
Il motivo? Chiedere di accompagnare a scuola i propri pargoli. In bicicletta. Una piccola scorta di guardie del corpo ciclo-munite a difesa dei bambini, anch’essi in bicicletta – ovviamente - che porti in sicurezza gli infanti a dispetto dell’insostenibile traffico di Viale Monza. Il tragitto è brevissimo, e occupa 20 minuti della mattinata (20 minuti proprio esagerando con i tempi). Il piccolo bici-corteo dimostra, tra l’altro, di muoversi più velocemente delle automobili praticamente ferme nel traffico che loro stesse hanno creato lungo la via.
La cosa, a distanza di qualche settimana, comincia ad essere replicata in altre mattinate e in altre scuole, e si decide di darle un nome ufficiale: viene scelto “In bici a scuola” .
Fine della storia? No, fine del preambolo.
Il famoso giornale online, dicevamo, pubblica un articolo che parla della Critical Mass dei marmocchi . Il testo è breve, striminzito, non si sofferma a lungo sulla descrizione del traffico infernale che ogni mattina invade quella zona (e quando mai, poi le auto chi le compra?), ma c’è, ed è questo l’importante.
Ma il visitatore abituale del sito sa già che le maggiori perle di quel quotidiano online risiedono nei commenti dei lettori.
*Foto della Critical Mass dei marmocchi*
(Commenti sotto la foto che possono essere riassunti nel modo seguente:)
“Piuttosto che fare queste buffonate, perché invece di accompagnarli a scuola non insegnano loro il rispetto delle regole? Visto che i ciclisti sono indisciplinati...”
“Eh, esatto! Io nella foto vedo gente senza casco, luci e giubbottino catarifrangente! Che esempio danno ai bambini?”
E dopo questi commenti, che lascio a voi giudicare, IL COMMENTO, l’emblema stessa della discussione:
“Sì sì, bella iniziativa, però c’è da dire che di solito i ciclisti vanno sul marciapiede.”
E da qui, il delirio.
“l’altro giorno a momenti ne investo uno perché ha fatto una manovra improvvisa”
“e poi non rispettano il rosso”
“a volte vanno in strada anche quando accanto a loro c’è la ciclabile”
“vogliamo parlare di quando vanno contromano?”
“e di notte non mettono le lucine”
“e quelli che vanno in mezzo alla strada occupando la carreggiata?”
Ma ad un certo punto arriva IL PALADINO DELLE DUE RUOTE:
“Sì, ma che dire delle auto che parcheggiano in doppia fila?”
“gli automobilisti parcheggiano sulle piste ciclabili”
“corrono come dei matti”
“si mettono sulle strisce pedonali”
“girano senza mettere la freccia”
“gli automobilisti aprono la portiera senza prima guardare”
Vorrei dire una cosa. Tutto quello che è stato scritto è giusto. Ma in nome del cielo, cosa c’entra con l’articolo in sé? Nulla.
Cioè, l’articolo parla di una cosa oggettivamente bella che ha come soggetto le biciclette. Ma deve esserci sempre lui, l’AUTOMOBILISTA COGLIONE che deve elencare tutte le disavventure che gli sono capitate per colpa dei ciclisti. Controbilanciato ovviamente dal CICLISTA COGLIONE che deve elencare tutte le disavventure che gli sono capitate per colpa degli automobilisti. Ovviamente. E la gente che mette “like” come dei COGLIONI.
Tutti noi sappiamo che ci sono teste di cazzo in giro per le strade. E una testa di cazzo rimane tale a prescindere dal mezzo che guida (moto, auto, bici, tir, aereo, nave crociera). Ed è vero che tanti ciclisti fanno quelle cose, ed è vero che tanti automobilisti fanno quelle cose. Ma quando si parla di mobilità si devono trovare idee, si devono trovare spunti dalle situazioni, si deve imitare quanto di buono è stato fatto negli altri paesi.
Io non ho visto niente di tutto ciò. Non ho visto persone che elogiavano la “Critical Mass dei marmocchi” portando esempi di come la cosa viene gestita all’estero. Non ho visto persone che, tornando dall’Olanda, dalla Germania, dalla Svezia, riportavano esperienze di mobilità sostenibile. Non ho visto persone che dicevano “si potrebbe fare così e cosà, per questo problema”.
Ho visto solo una massa di idioti che insultava un’altra massa di idioti. Si insultavano tra di loro evidenziando le scorrettezze dell’altro. Ed erano delle scorrettezze commesse da entrambi gli schieramenti, che sembravano diverse solo perché era diverso il mezzo di trasporto utilizzato dai due eserciti.
Io non ho visto un dialogo costruttivo sui temi della mobilità, ho visto l’eterno tifo di tipo calcistico all’italiana del “noi” contro “voi”, del “fascista” contro il “comunista”, del “bianco” contro il “nero”.
La triste morale è: ogni discussione su qualsiasi tema vedrà divisi due schieramenti, ognuno dei quali riporterà i difetti dell’altro credendo di essere l’unico ad avere ragione, evitando a priori di non ragionare per categorie. Senza arrivare a nient’altro che elenchi di infrazioni vuoti di significato.
Perché “Io sono nel giusto, ma gli altri….”
Almeno, in Italia.
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