Argomenti vari ed eventuali

Il cambio di bici

Alla fine è successo. Doveva succedere.

Ho dovuto lasciare a riposo forzato la mia vecchia e gloriosa bicicletta. Quella dei 10.000 km, per intenderci.

Ieri ho temuto il peggio, quando ho scoperto che il cerchione si era deformato a tal punto da rischiare di vedermi schizzare fuori dalla propria sede il copertone - con relativa camera d'aria - da un momento all'altro.
Così, ho dovuto fare quel cambio. A malincuore. Ho lasciato "La gloriosa" in cantina e ho ripreso l'altra, quella nera, quasi mai usata.

Ma "La gloriosa" è bastarda, e lo sa che nel momento del cambio mi sono sentito una merda, così me lo ha fatto pesare fin dal primo momento.

Innanzitutto, ha fatto in modo che trovassi subito scomoda la nuova arrivata. 3 km e avevo già mal di schiena. 2 viti talmente spanate da impedirmi di regolare l'altezza del manubrio (regolazione che mi sarebbe servita non poco). Così, arrivo a casa e mi dico "Adesso prendo tutti gli attrezzi che ho e provo lo stesso a girare quelle maledette viti."

Dopo mezzora abbondante, una delle due viti viene via. L'altra non demorde. In più comincia davvero a farmi male la schiena, per via della posizione che assumo per svitare. Allora mi dico "Bòn, stacchiamo l'intero pezzo dal manubrio e spostiamoci sul divano, e poi riproviamoci." Prendo la brugola e svito l'unica vite che tiene insieme tutto lo sterzo, il manubrio, la regolazione dello stesso.

Non l'avessi mai fatto. 


Non faccio in tempo ad acchiappare il telaio che l'unica cosa che mi rimane in mano è il manubrio, mentre tutto il resto cade per terra. I millemila pezzi che formano la serie sterzo della bici cadono sul pavimento in ordine sparso, sporcando di grasso qualunque cosa con cui entrano in contatto. Il rumore sveglia probabilmente tutto il palazzo, il gatto arriva in salotto e comincia a giocare con i pezzi caduti.

Passo l'intera serata a cercare di capire dova vada ogni fottuto pezzo. Chiamo un mio amico che sa smontare e rimontare le bici ad occhi chiusi; fortunatamente abita a due passi da me. Gli chiedo aiuto. Dice che ha un impegno, ma "Tornerò tardi. Se a te va bene, vengo verso l'una."

L'una. Di notte.

La giornata finisce col sottoscritto che riaccompagna a casa l'amico alle 3 di notte. Sistemo casa e vado a letto che sono le 4 di notte.
 

 



Nel buio della città silenziosa, si sente solo una compiaciuta risata malvagia: proviene da una cantina. Più precisamente da una vecchia bici. Gloriosa. E bastarda.

Avete mai provato a dire ad un ciclista come dovrebbe comportarsi?




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Una bicicletta imborghesita dalla presenza delle luci. Per lei ormai è troppo tardi.

È facile trovarsi tra ciclisti a parlare di cosa dovrebbero/non dovrebbero fare gli altri utenti della strada per la nostra sicurezza. E invariabilmente si finisce a parlare di come tutte le “categorie” diverse dalla nostra siano ottuse, refrattarie al cambiamento, di vedute tutt’altro che larghe. Ad esempio, la maggior parte dei ciclisti è convinta del fatto che nessun automobilista vorrebbe vedere abbassato il limite di velocità da 50 a 30 km/h., che tutti i motociclisti siano stronzi, che tutti i guidatori di un mezzo motorizzato (*coff coff* tra i quali sono compresi il 95% dei suddetti ciclisti *coff coff*) escano la mattina con l’intenzione di mettere sotto qualche dozzina di ciclisti.

Sto esagerando? Neanche tanto.
Ehi, ma ora che ci penso questo atteggiamento è un “fare di tutta l’erba un fascio” che di solito si addice agli automobilisti, non certo ai ciclisti, unici portatori della verità, infallibili messaggeri di pace la cui apertura mentale è estrema.

Già. Certo.

Avete mai provato ad andare in un gruppo di ciclisti e direSapete, i ciclisti dovrebbero portare le lucine, di notte.? No?
Beh, io l’ho fatto.


Le risposte sono state, nell’ordine:

- eh, ma i lampioni che ci stanno a fare;
- eh, ma i fari delle auto che ci stanno a fare;
- eh, ma sono gli altri che devono stare attenti;
- eh, ma basta con questo servilismo verso l’automobile;
- eh, ma i fari snaturano la bici;
- eh, adesso manca solo che andiamo in giro come alberi di Natale.


Poi ovviamente il tutto finisce in vacca, grazie ai soliti noti che postano foto di SUV - colpevoli di essere SUV – o battute sarcastiche perfettamente inutili ai fini del discorso.


Io non vorrei commentare queste risposte, ma mi vedo costretto a farlo.
Allora, ”l’accusa” non l’ho scritta perché non sapevo che cazzo fare. Semplicemente sono stufo di sentire automobilisti lamentarsi (giustamente) di come i ciclisti di notte non si rendano visibili; ed io sono più che convinto del fatto che più ciclisti sono visibili di notte, più gli automobilisti rallentano e diventano prudenti.

Questo vuol dire mettersi al servizio delle auto? Col cazzo.
Allora vuol dire imborghesire la bici? Col cazzo.
Le luci e il giubbottino catarifrangente sono ininfluenti ai fini della sicurezza dei ciclisti? Non credo proprio.

Il discorso su come certe cose possano snaturare l’idea stessa della bicicletta (discorso davvero molto interessante) poteva anche starci fino ad un certo punto. Sì, fino a quando si è voluto mettere sullo stesso piano – da una parte - due lucine da 3 € l’una e un giubbotto catarifrangente da 5 € e – dall’altra parte - l’obbligatorietà della targa, del casco o di un bollo da pagare.

Ma sapete quale è la cosa peggiore? Questa discussione è solo l’ennesima conferma di come il modo di ragionare di gran parte degli italiani sia esprimibile nella frase “Le regole cominciamo a farle rispettare agli altri.

Lo stracazzo di concetto che non vuole entrare nella mente del popolo italiano
Lo stracazzo di concetto che non vuole entrare nella mente del popolo italiano.

Non saranno certo questi (spiacevoli) episodi a togliermi la voglia di andare in bici; certo, è triste constatare che - gira e rigira - siamo sempre lì.  Nessuno che pensa di rispettare le regole per primo, nessuno che riesce a fare un commento senza tirare in ballo le infrazioni che compiono gli automobilisti. E con questi modi di pensare non si va da nessuna parte, il popolo non matura.
Semplicemente, quando si esige rispetto prima lo si deve mostrare. Ed è per questo che andrei cauto con le critiche agli altri utenti della strada, quando noi per primi siamo refrattari alle regole.

Comunque, per farvi una vostra idea personale senza che il sottoscritto vi influenzi, eccovi la discussione completa. Tirate voi le somme.


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10.000 KM






10.000 KM

Tutto iniziò alle superiori. All’epoca prendevo il tram 14 per andare a scuola. Era terribile: lo perdevo in continuazione, mi faceva incazzare, mi faceva iniziare male la giornata.

Allora cominciai a prendere il tram 2; a volte era decisamente meglio del 14, altre volte era decisamente peggio.
Infine presi l’autobus 50, che al mattino era un carro bestiame.
E allora dissi: “Perché non provare la bicicletta?”

La prima bicicletta mi durò davvero poco poiché, non essendo pratico neanche di come legare i velocipedi ai lampioni, mi venne rubata mentre ero a scuola. Non feci nemmeno in tempo ad affezionarmi a lei. Ma mi ero già affezionato ad un'altra cosa: il pedalare.
Così, lo stesso giorno del furto, mio padre mi accompagnò alla Decathlon di Corsico. E fu lì che ci incontrammo per la prima volta, tu ed io.

Da allora, quante emozioni.

Pedalando con te sono andato a scuola tutti i giorni, con il sole, la pioggia, la nebbia, il vento, la neve. E tutte le volte che il tempo non era clemente, e quindi arrivavo in classe fradicio e gocciolante, ripetevo la stessa battuta ai miei compagni, “Sì, in effetti sta piovendo un pochino”, e giù risate, e “Ma tu non sei normale a venire in bici con questo tempo”, “Sei un grande”, “Tu sei scemo” eccetera eccetera.
Poveri, non potevano sapere che gli sciocchi erano loro, a non usare la bici.

Con te sono andato a scuola il giorno della maturità, fregandomene dei parenti che dicevano “Per una volta non andare in bici, vai a scuola con i mezzi, che se no sudi per niente”.
Non hanno mai capito che andare in bici quel giorno ha significato smaltire la tensione, sgombrare la mente, focalizzarsi sui giusti pensieri. Ha significato uscire con un bel 90.

E il praticantato in uno studio tecnico? Siamo andati insieme in ufficio, con ogni clima, ogni temperatura, ogni giorno. E le fughe solitarie al catasto, la velocità che mi permettevi di avere nel consegnare pratiche su pratiche.

E poi l’esame di abilitazione alla professione di geometra. E andare ad assistere agli orali degli altri, prima del gran giorno, l’ennesimo esame della vita. E anche lì mi hai accompagnato, tutte le volte, con ogni clima. E con te sono diventato geometra. E poi certificatore energetico.

Ma prima di tutto questo, tu hai fatto da comparsa anche nella mia vita amorosa: la ragazza che amo, l’amore della mia vita, mi ha conosciuto per la prima volta mentre cavalcavo il tuo sellino. E da quando è iniziata la nostra splendida storia, hai accompagnato sia me sia lei per tre anniversari, in tre luoghi diversi, sempre pedalando. Ci hai fatto scoprire a passo d’uomo Sirmione, Lucca, Pisa, Rimini. Il Vittoriale di D'Annunzio, la Torre di Pisa, per citare alcune mete. Ci hai fatto arrivare in una spiaggia deserta a Marina di Vecchiano, e mi piace pensare che anche tu abbia potuto respirare l’aria del mare. Siamo scesi a 40 km/h dal Monte Titano, e come hai fatto a non smontarti pezzo per pezzo lo sai solo tu. Con te abbiamo visitato monumenti storici, scorci fantastici, vie sconosciute ai più. Ti abbiamo portato in treno, in automobile, in battello. E quante rose ha portato il tuo portapacchi…
Le tue ruote hanno solcato sia terre italiane, sia terre sanmarinesi.
Con te sono andato al Lago Maggiore, da solo e in compagnia, siamo andati a Pavia, sul Po, sul Ticino, sull’Adda, a Brescia, a Bolzano, sui Navigli di Milano.

Ah, Milano. E poi quando ho cominciato a fare il bike messenger sei diventata più che necessaria, e questa città me l’hai fatta letteralmente conoscere; con te mi sono divertito a scoprire vie e piazze sconosciute di Milano – vie, ovviamente, dove avrei portato successivamente la mia bella - ad ammirare ogni angolo di questa città apparentemente non bella e non affascinante, ma che in realtà sa offrire scorci fantastici.

E a Milano faccio e facevo sport. E quante volte mi hai accompagnato per andare alla Canottieri Olona, a canottaggio, e poi in palestra, e poi a pallavolo, dove entravi con me sotto al capannone e ti mettevo in un angolo, così potevi vedermi giocare. Certo, non deve essere stata una bella visione - dato il mio pessimo gioco – però eri lì. Come sempre.

E tutti i parenti, gli amici, i conoscenti che mi hai permesso di andare a trovare, rivedere, senza avere un mezzo a motore. Non mi serviva e non mi serve affatto; sono andato centinaia di volte a Rozzano, a Gratosoglio, dall’altra parte di Milano, sono andato dai nonni…e dal quarto piano ti guardavo, legata a quella staccionata, fedele, pronta a rivedermi. Oppure ti portavo direttamente dentro casa. E tutte le mattine, quando andavo al lavoro, in ufficio, al corso per diventare certificatore energetico, mia nonna si affacciava – sempre – e ci salutava…
E quando alcuni di questi parenti ci hanno lasciato, anche lì hai insistito per accompagnarmi sulle loro tombe, a piangerli, c’eri anche lì, già.

Ora ti guardo, sei lì sul balcone di questa casa al primo piano, perché col cavolo che ti lascio in strada, dopo tutte queste avventure passate insieme. Mai un grande viaggio, mai un lunghissimo tragitto, ma piccoli tragitti di tutti i giorni. La tua bellezza sta in questo, che in ogni gesto quotidiano sei sempre stata al mio fianco. E chissà se un giorno raggiungeremo insieme quel Capo Nord che tanto bramiamo…

Quanti milioni di pedalate ho fatto, quanti miliardi di gocce d’acqua abbiamo preso, quanta strada abbiamo percorso insieme.

Ed ogni volta che impugno il tuo manubrio mi viene in mente tutto questo.
Grazie, bici.

10.000 km

SCATTI DI MILANO

 

Tipica discussione all'italiana


La famigerata Critical Mass dei marmocchi

Un famoso giornale online, di cui non sveleremo il nome (diciamo solo che inizia con “i” e finisce con “lcorriere.it”), tradizionalmente avverso a tutto ciò che esprime l’alternativa possibile al traffico motorizzato (chissà come mai, forse perché il maggiore azionista del suddetto giornale è una casa automobilistica che inizia per “F” e finisce per “IAT"), per una volta nella vita ha la decenza di pubblicare un articolo che parla (piuttosto) bene della “Critical Mass dei marmocchi”.

Cosa è la “Critical Mass dei marmocchi”?

Prima bisogna spiegare brevemente cosa è la Critical Mass.

La Critical Mass è, per dirla in modo semplice, un gruppo di persone in bici che decide di incontrarsi in un posto e da lì girovagare per la città come se fosse un piccolo ciclo-corteo compatto. Lo scopo dell’iniziativa sarebbe quello di “riprendersi” la città, troppo spesso “vittima” delle automobili e del traffico. A differenza di cortei e manifestazioni, non si va in giro a gridare slogan. Banalmente si pedala, qualche volta si scampanella o si canta. Il problema, se vogliamo chiamarlo problema, è che questo gruppo compatto deve assolutamente rimanere tale perché, nel caso si frammentasse, nessuno – da fuori - ne coglierebbe il senso, la sua carica. Così, il gruppo “ignora” i semafori rossi, in nome della compattezza: nessuno si deve staccare dagli altri. Agli incroci, alcuni volenterosi ciclisti si mettono di traverso e spiegano sempre (sempre, ci tengo a dirlo) agli automobilisti – che avrebbero diritto di passare, in quanto hanno il verde del semaforo a favore – che si tratta di un paio di minuti, che è semplicemente un corteo di biciclette e che non ci si può fermare per i motivi di cui sopra. Il tutto col sorriso sulle labbra, ci tengo a precisare, anche perché l’intenzione non è quella di rompere i cabbasisi all’automobilista o di provocarlo.
Anche perché alle 23:00 si spera che non ci sia molta gente a cui rompere.

E già dopo questa breve descrizione potete benissimo immaginare come una cosa del genere possa essere accolta in un paese che non sia l’Italia, e poi come possa essere accolta in un paese come l’Italia.
Fatto?
Bene. Anzi, male. Ma non voglio parlare di questo, nel suddetto post.

Sta di fatto che la cosa, dopo più di 10 anni (sì, a Milano esiste dal 2002 e c’è gente che non lo sa ancora), comincia ad avere una certa risonanza e se ne parla anche tra le alte sfere, tanto che l’intera Critical Mass viene candidata all’Ambrogino d’Oro. Ognuno ha il suo pensiero al riguardo (sento già la gente che grida “ma è un premio borghese!”, “è una cagata pazzesca!”), ma il concetto è che il movimento comincia ad avere una certa visibilità.

Sull’onda di questo “successo”, un gruppo di mamme decide di scrivere alla Critical sul suo gruppo facebook.
Il motivo? Chiedere di accompagnare a scuola i propri pargoli. In bicicletta. Una piccola scorta di guardie del corpo ciclo-munite a difesa dei bambini, anch’essi in bicicletta – ovviamente - che porti in sicurezza gli infanti a dispetto dell’insostenibile traffico di Viale Monza. Il tragitto è brevissimo, e occupa 20 minuti della mattinata (20 minuti proprio esagerando con i tempi). Il piccolo bici-corteo dimostra, tra l’altro, di muoversi più velocemente delle automobili praticamente ferme nel traffico che loro stesse hanno creato lungo la via.
La cosa, a distanza di qualche settimana, comincia ad essere replicata in altre mattinate e in altre scuole, e si decide di darle un nome ufficiale: viene scelto “In bici a scuola” .

Fine della storia? No, fine del preambolo.
Il famoso giornale online, dicevamo, pubblica un articolo che parla della Critical Mass dei marmocchi . Il testo è breve, striminzito, non si sofferma a lungo sulla descrizione del traffico infernale che ogni mattina invade quella zona (e quando mai, poi le auto chi le compra?), ma c’è, ed è questo l’importante.

Ma il visitatore abituale del sito sa già che le maggiori perle di quel quotidiano online risiedono nei commenti dei lettori.

*Foto della Critical Mass dei marmocchi*
(Commenti sotto la foto che possono essere riassunti nel modo seguente:)

“Piuttosto che fare queste buffonate, perché invece di accompagnarli a scuola non insegnano loro il rispetto delle regole? Visto che i ciclisti sono indisciplinati...”
“Eh, esatto! Io nella foto vedo gente senza casco, luci e giubbottino catarifrangente! Che esempio danno ai bambini?”


E dopo questi commenti, che lascio a voi giudicare, IL COMMENTO, l’emblema stessa della discussione:

“Sì sì, bella iniziativa, però c’è da dire che di solito i ciclisti vanno sul marciapiede.”

E da qui, il delirio.

“l’altro giorno a momenti ne investo uno perché ha fatto una manovra improvvisa”
“e poi non rispettano il rosso”
“a volte vanno in strada anche quando accanto a loro c’è la ciclabile”
“vogliamo parlare di quando vanno contromano?”
“e di notte non mettono le lucine”
“e quelli che vanno in mezzo alla strada occupando la carreggiata?”


Ma ad un certo punto arriva IL PALADINO DELLE DUE RUOTE:

“Sì, ma che dire delle auto che parcheggiano in doppia fila?”
“gli automobilisti parcheggiano sulle piste ciclabili”
“corrono come dei matti”
“si mettono sulle strisce pedonali”
“girano senza mettere la freccia”
“gli automobilisti aprono la portiera senza prima guardare”


Vorrei dire una cosa. Tutto quello che è stato scritto è giusto. Ma in nome del cielo, cosa c’entra con l’articolo in sé? Nulla.
Cioè, l’articolo parla di una cosa oggettivamente bella che ha come soggetto le biciclette. Ma deve esserci sempre lui, l’AUTOMOBILISTA COGLIONE che deve elencare tutte le disavventure che gli sono capitate per colpa dei ciclisti. Controbilanciato ovviamente dal CICLISTA COGLIONE che deve elencare tutte le disavventure che gli sono capitate per colpa degli automobilisti. Ovviamente. E la gente che mette “like” come dei COGLIONI.

Tutti noi sappiamo che ci sono teste di cazzo in giro per le strade. E una testa di cazzo rimane tale a prescindere dal mezzo che guida (moto, auto, bici, tir, aereo, nave crociera). Ed è vero che tanti ciclisti fanno quelle cose, ed è vero che tanti automobilisti fanno quelle cose. Ma quando si parla di mobilità si devono trovare idee, si devono trovare spunti dalle situazioni, si deve imitare quanto di buono è stato fatto negli altri paesi.
Io non ho visto niente di tutto ciò. Non ho visto persone che elogiavano la “Critical Mass dei marmocchi” portando esempi di come la cosa viene gestita all’estero. Non ho visto persone che, tornando dall’Olanda, dalla Germania, dalla Svezia, riportavano esperienze di mobilità sostenibile. Non ho visto persone che dicevano “si potrebbe fare così e cosà, per questo problema”.

Ho visto solo una massa di idioti che insultava un’altra massa di idioti. Si insultavano tra di loro evidenziando le scorrettezze dell’altro. Ed erano delle scorrettezze commesse da entrambi gli schieramenti, che sembravano diverse solo perché era diverso il mezzo di trasporto utilizzato dai due eserciti.
Io non ho visto un dialogo costruttivo sui temi della mobilità, ho visto l’eterno tifo di tipo calcistico all’italiana del “noi” contro “voi”, del “fascista” contro il “comunista”, del “bianco” contro il “nero”.

La triste morale è: ogni discussione su qualsiasi tema vedrà divisi due schieramenti, ognuno dei quali riporterà i difetti dell’altro credendo di essere l’unico ad avere ragione, evitando a priori di non ragionare per categorie. Senza arrivare a nient’altro che elenchi di infrazioni vuoti di significato.
Perché “Io sono nel giusto, ma gli altri….
Almeno, in Italia.